Friday, 22 August 2014

The big deal


A Parigi le sere d'estate arrivano tardi, le persone che restano in città affollano i bistrot, mangiano con una luce diagonale e le ombre si allungano sui tavoli fuori e sulle vetrate.
Il ristorante dove lavoro non ha tavoli fuori, è un piccolo ristorante di cucina italiana che fa angolo tra rue Thouin e rue cardinal Lemoine . Saranno in tutto una ventina di tavoli, oggi è il mio primo giorno, il giorno di prova. Arrivo in anticipo di una buona ventina di minuti, sono il primo, il ristorante è ancora chiuso.
Sono in due a gestire il lavoro, l'uomo, di Lucca, un signore dall'aspetto cordiale sulla sessantina, lavora in cucina. La donna, di Roma, gestisce tutto il resto compreso me. Per qualche minuto mi mostra il da farsi poi mi mette uno straccio in mano, pulisco il locale.
mezz'ora più tardi è tutto pronto, le persone iniziano ad arrivare. Quattro inglesi sono i primi, li servo, parlano inglese, non è un problema, ma non ho alcuna idea sui piatti che si preparano in questo ristorante, ne quali vini o dolci abbiamo, non c'è stato tempo per spiegarmelo, improvviso.
Arrivano altre persone, si distribuiscono nel locale fino a riempirlo. Persone finiscono altre si siedono ai tavoli ancora da sparecchiare, il ritmo diventa infernale, la signora (il mio capo) accelera il passo, inizia a catapultarsi da un tavolo all'altro lanciandomi dei consigli che si perdono tra i rumori dei tavoli. Cammino da una parte all'altra, tolgo i piatti, sorrido, pardon..? we certament..! Prendo i piatti in cucina e li servo, ho sempre la senzazione di aver sbagliato tavolo, non ho riferimenti sicuri, spesso sbaglio tavolo. Pardon Mensieur!
Suona il telefono, faccio finta di niente, mi viene ordinato di rispondere, dalla cornetta esce una voce francese lontana, ordina qualcosa di indecifrabile per me, scrivo nomi di persone e di pizze che non esistono.
In qualche modo arrivo alla fine del servizio, sette ore. Sono stati serviti quattro volte tutti i tavoli, un'ottantina di persone, in due, il primo giorno. Sono circa le due, mangio insieme ai proprietari, abbiamo una conversazione piacevole, beviamo vino e fra le parole capiamo entrambi che questa esperienza non andrà oltre ma ci salutiamo da amici.
Prendo il denaro: trenta euro più diciassette di mancia, non li conto nemmeno, li metto appallottolati nel taschino della camicia, accendo una sigaretta, chiudo la porta del ristorante alle mie spalle e mi incammino verso casa. Parigi è deserta, l'aria della notte è piacevole, guardo la città, intravedo i soldi nel taschino, ho bevuto alcuni bicchieri di vino, l'alcool mescolato alla stanchezza mi deprime, mi sento addosso la pesantezza della vita, cammino solo, la grande rue Monge è deserta, Parigi è solo grandi palazzi, io sono a corto di idee.
Mi sveglio l'indomani verso le quattro del pomeriggio, faccio il cat sitter, questo è il motivo per cui ho una casa a Parigi, per sette giorni, tutto è precario. Apro la finestra, sotto Parigi è sveglia da un pezzo, suono un brano nel grande piano che c'è al centro della sala e immagino la musica uscire dalla finestra e passare accanto ai passanti, giù giù fino ai giardini botanici e ai bordi della Senna.
Preparo un caffè francese, lo metto in una grande tazza e mi metto al computer. Tramite facebook trovo un link interessante, servizio volontario europeo: Turchia, Mersin sul versante mediterraneo, tematica ambientale, monitoraggio delle spiagge, salvaguardia delle tartarughe in via d'estinzione, due mesi, tutto pagato. Scarico il modulo, tutto procede senza pensare troppo, scrivo la mia lettera di motivazione, rispondo alle domande: perchè vuoi partecipare a questo progetto? perchè dovremmo scegliere proprio te? rispondo e chiarisco le mie idee: potrei viaggiare... Il tempo non è abbastanza, mai.... Se non inizio il master quest'anno non posso usare il mio tempo in un ristorante.
Guardo il tavolo, i soldi che ho guadagnato ieri sono ancora lì appallottolati con le monete sparse intorno. Finisco di compilare i moduli, il curriculum, la lettera. Posiziono la fotocamera davanti a me, faccio una foto mentre sto pensando all'idea di andare in Turchia per il progetto, ne esce un sorriso obliquo e uno sguardo complicato. Uso i soldi di ieri per pagare la quota d'iscrizione.
Mi sento meglio, la vita, sotto, prosegue, a Parigi è ancora una volta notte, fumo dalla finestra della sala, me ne fotto delle regole della padrona di casa. Vedo rue Monge e le sue luci, da qui riesco a vedere diciotto semafori, le luci si alternano, alcune strade si chiudono altre si aprono.
The turtle beach, Mersin
17/08/2014


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